Nell'intreccio di limoni, monete e fiori di zagara si nasconde la storia delle tre sorelle: di loro la fama di bellezza, grazia e virtù si era tanto diffusa nel circondario da farne l'epitome del desiderio di chiunque, misteriosa e sublime come i nomi che portavano, scanditi come versi di una poesia. Pulcheria, Mnemosine, Aglaia.
Ornavano con la loro presenza la grande casa padronale dagli alti soffitti sonanti di echi che s'affacciava sulla fuga precipitosa delle colline asolane, in attesa di essere condotte all'altare da chi potesse, come un antico cavaliere, sconfiggere il drago della timidezza e giungere a deporre ai loro piedi un serto di rose e gigli: per questo cavaliere inesistente era stata allestita la casa, con le decorazioni nuziali a far da contrappunto al cantare degli uccelli dei giardini, e al guizzare della luce pigra del mezzogiorno nell'atmosfera profumata di legni.
Un patto legava le tre fanciulle, un patto scandito e cantato nell'intreccio dei disegni sulle pareti, esibito dalla trifora che s'affacciava sulla valle: tutte o nessuna. Che vi fosse un sottofondo di possibilità erotiche in quel tutte è indubbio, come è indubbio non ve ne fosse nelle giovani donne dagli occhi ridenti alcuna consapevolezza.
Tant'è che il cavaliere giunto a conquistarle fu incerto, vedendole, su quale delle tre potesse essere incoronata regina del suo cuore.
La scelta ricadde sulla sorella di mezzo, e la notte delle nozze arrivò nel tripudio profumato del gelsomino che s'arrampicava sulle colonnine marmoree della villa.
Il mattino successivo ci fu gran fermento, che lo sposo era scomparso dal letto nuziale, e non ve ne era traccia nella grande casa dai pavimenti di cotto, nè nei giardini: lo cercarono ovunque, ma non ci fu possibilità, tanto che qualcuno immaginò un rapimento da parte di invidiosi e meno fortunati corteggiatori.
L'anno successivo fu la volta della sorella maggiore di andar sposa, e nuovamente lo sposo fortunato scomparve la mattina successiva alle nozze: e non ci fu nessuno che potesse pensare che la sposa sapesse o immaginasse, tanto era affranta la giovane donna, passando dal candore degli sponsali al nero di una vedovanza protratta nel sempre.
Quando anche lo sposo della sorella minore scomparve il giorno dopo le nozze qualcuno ipotizzò che effettivamente la bella casa ornata di aerei disegni nuziali potesse celare qualche segreto: ma nessuno ebbe l'ardire di turbare il silenzio dolente delle tre grazie asolane chiuse nel loro malinconico attendere uno sposo che non sarebbe tornato mai più.
Si dice che i tre sposi furono rapiti, e mandati a dormire un lungo sonno senza sogni nella terra delle fate, perchè le tre belle fanciulle erano le spose del dio silvano che comanda le erbe e i fiori, che rende teneri i petali e rosse le uve, e che a lui, solamente a lui, quella casa era dedicata, la casa delle fanciulle riprodotte con tanta carnale eleganza nella danza delle ninfe canoviane.
Per certo sappiamo che chi dorme nelle sale dipinte a limoni, monete e voli di colombe si dice riceva dallo spirito delle grazie asolane il dono di vedere in sogno il proprio vero amore.
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